International Competition Mexico
E’ sempre stimolante scrivere di Fernando Mosca. Lui è un architetto nelle testa ma anche nel cuore. Un cuore sempre diviso tra due continenti, sempre in movimento e un cervello che lavora continuamente, alternando la realtà con il sogno, la realizzazione con il progetto.
Un uomo colto, Fernando Mosca, mai banale e mai casuale nelle sue scelte stilistiche e formali. Egli sa porre una grande attenzione alla storia dell’architettura e alla storia dell’umanità, dalle quali estrapola elementi, linee, sensazioni, da cui scaturiscono tutti i suoi progetti.
Ama disegnare, progettare, fare schizzi e appunti, sempre alla ricerca di un modo per fissare ciò che passa per la sua mente, mentre sta bevendo un caffè o mentre si tiene allenato con un po’ di jogging.
Ama le sfide concrete, quelle che la sua committenza gli pone quando deve ristrutturare o arredare un negozio, ma ama anche il progetto in sé, partecipare a concorsi, con idee, disegni e rendering.
Uno di questi esempi è il bellissimo progetto per una istallazione temporanea a Città del Messico, precisamente in Piazza Manuel Tolsa. Un concorso a cui l’architetto Fernando Mosca ha partecipato a capo di un team composto dagli architetti Amelia Mariano, Ksenia Puzakova ed Emilia Mitrovic.
Il padiglione doveva essere realizzato con materiali ecosostenibili e avere caratteristiche di leggerezza e facilità di montaggio e smontaggio. Inoltre veniva richiesto lo sviluppo di un tema significativo.
Il concept del padiglione si basa sull’architettura pre-colombiana nella sua massima espressione: la piramide a gradoni.
Si è partiti da un rettangolo di dimensioni 10x15 m, coperto con tappeti tessuti a mano da artigiani locali. Il materiale utilizzato proviene dagli scarti di lavorazione di industrie locali e rappresenta un ottimo esempio di riuso dei materiali nell’ottica dell’eco-sostenibilità.
I decori riprendono nei colori e nel disegno i motivi tradizionali messicani: righe dai colori accesi e quasi fluorescenti, pattern floreali e gli immancabili teschi messicani o “Sugar Skulls”.
Il volume complessivo, che ha una struttura rettangolare con altezza di 7,7 metri, è una rivisitazione in chiave contemporanea e minimalista di un’architettura tradizionale, che assume così una nuova identità.
L’originalità del progetto è data dalla inversione dei volumi: è stato creato un “negativo” della forma originale attraverso il gioco dei materiali. Il fuori diventa dentro, i pieni diventano vuoti e il contenitore si fa contenuto.
L’intero rettangolo è sostenuto da una cornice in travi di acciaio ad incastro, per garantire facilità di assemblaggio e smontaggio.
L’interno è costituito da tre elementi che si incastrano l’un l’altro, connessi alla struttura e alla scala in acciaio tramite una copertura in juta, materiale riciclato in tre diversi grandi formati.
L’entrata è definita da un taglio lungo il lato e sulla copertura nella direzione della scala che, salendo, diventa elemento chiave che simboleggia il sorgere del Dio Quetzalcoatl, il Serpente Piumato.
Il tessuto di rivestimento è innovativo, una texture tipo membrana permeabile e translucida, che permette il passaggio della luce.
Di colore bianco se visto dall’esterno, diventa oro all’interno, diffondendo una luce calda e dorata che mette in relazione questo prezioso colore con la Divinità.
Il retro, che coincide con l’apice della scala, si apre su un punto panoramico e simboleggia il cammino in salita del dialogo interiore. Qui si arriva alla meta finale, in cui l’uomo apre se stesso al mondo, per assaporarne e condividerne ogni aspetto.
Maria Rosa Sirotti
FERNANDO CESAR MOSCA ARCHITECT
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